Il consolo

Regia e testi: Luigi Imperato e Silvana Pirone

Con: Viviana Agretti, Fedele Canonico, Ilaria Cecere, Luigi Imperato, Annamaria Palomba, Silvana Pirone, Cira Sorrentino, Salvatore Veneruso.
Costumi: Consiglia Serpe
Disegno luci: Alessia Massai

“E’ morto.”
“Morto? ... Il soggetto signore, di chi parlate?”
“Del conte Francesco Cenci”

Lo spettacolo “accade” durante una veglia funebre: la notte del rito.
Un rito del dolore dove insieme al lutto convivono momenti grotteschi che, pur non risolvendo il dramma, si pongono come atti di celebrazione ironica in nome di una angosciosa ma consapevole accettazione. Il rito diventa a tratti festa, baldoria, ma pur sempre tragica.
Il consolo è cibo. E’ alimento consolatorio offerto in dono al luttuato. E’ rito da consumare, consumando così il dolore della perdita della persona cara... Ma quanto caro è un padre incestuoso?

Beatrice Cenci, figlia del conte, subisce violenza e con violenza reagisce. Ma per coprire il suo delitto è costretta a piangere la morte del padre. E’ parte sconvolta di un rito che aspirerebbe all’oblio, ma non riuscendo a dimenticare cerca un modo per evadere dalla sua colpa. Cerca una giustificazione nelle parole della Bibbia e nell’atto “tirannicida” di Giuditta, cerca carnevalescamente una soluzione capovolta e distaccata del dramma, ma il gioco intorno alla sua storia esplode in un grido di verità. Cerca invano di affidarsi alla volontà divina, ma nel suo volto si legge la disperazione di un dolore irrisolto.

Lo spettacolo nasce dall’esigenza di confrontarsi con stimoli differenti legati al tema della morte ed ai valori che ad essa vengono assegnati dall’uomo. La nostra volontà consiste nell’attraversare la tragedia classica e trasgredirla attraverso le nostre domande e la nostra memoria. Il risultato a cui siamo giunti è una rielaborazione della storia (mythos) della vicenda dei Cenci, già narrata da Dumas, Steandhal, Artaud. Abbiamo voluto trasferire la vicenda che narriamo in uno spazio e in un tempo indefiniti (non dovendone dare un resoconto storico ma una trasfigurazione simbolica), e abbiamo voluto comprimerla in una notte di veglia funebre. Abbiamo voluto far diventare la tragedia rito, un rito però non condiviso e non basato su valori comuni, bensì su vuoti, dubbi e disorientamenti.

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