Chi siamo

La penombra di una lanterna. Si muovono corpi e legni. Un uomo urla:
"Sciemi, disperati, povera gente ca passa 'o tiempe gurdannase attuorno, erano pigliati tutti quanti e comme 'a na festa, na sacra processione, venevano 'nvitati abbascio a lu puorto [...]. Ccà na navicella l'aspettava, na varca pezzerella ca doppo se fosse zeppellata ‘e guaje."


dal testo dello spettacolo La nave dei folli


Luigi Imperato e Silvana Pirone fondano Teatro di Legno nel 2003. Ai due fondatori si aggiungono nel tempo attori e collaboratori provenienti da esperienze diverse che vanno dal teatro di prosa al mimo corporeo e al teatro di strada. Dopo i primi progetti, che occupano spazi per lo più non teatrali, la compagnia si dedica a lavori di prosa con drammaturgia originale che tentano di unire la tradizione del teatro con la ricerca di un percorso individuale arricchito dagli stimoli del contemporaneo. .


Il lavoro di Teatro di Legno è un processo. La messa in scena è il risultato di un percorso di stimoli e reazioni: impulsi, lunghe attese e risultati improvvisi. Percorso tortuoso e snervante che richiede tempo e dedizione. Il corpo dell’attore sottoposto agli stimoli dei registi è il punto di partenza del lavoro di Teatro di Legno. Lo scegliere il corpo come origine non vuol dire dimenticare voce, testo e racconto su cui invece verte gran parte del lavoro. Sempre, nelle nostre rappresentazioni , c’è il bisogno di raccontare una storia (magari semplice, a volte un frammento di storia, un momento preciso di una giornata di un tal personaggio).

Il nostro obbiettivo non è lo spettacolo fine a se stesso, noi vogliamo comunicare il nostro disagio e renderlo teatro: comunicare i nostri fantasmi vuol dire per noi stimolare i sensi attraverso l’emozione, ma anche innescare un “incontro”.
Il valore dell’incontro è il valore fondante della nostra attività. L’incontro con gli attori, tra gli attori, con il pubblico o contro di esso. L’emozione viene ricercata da noi con continuità, per noi il teatro è emozione, e attraverso di essa che si tiene in vita il filo diretto con il pubblico. L’emozione è per noi il tentativo di rendere ogni azione sensuale e di far vibrare il corpo dello spettatore in modo da lasciargli un senso, non necessariamente razionalizzabile ma che sempre abbia il gusto di un’esperienza.
Rifiutiamo un mondo dove dire spettacolo equivale a dire banalità, assuefazione e rinuncia al senso critico. Ciò non significa però messaggi da veicolare o dottrine da illustrare, ma inquietudine e dubbi da suggerire, urlando la gioia, il dolore e la consapevolezza di essere “umani, troppo umani”.