Recensioni de La parola madre

da teatro.org

La recensione di Anita Curci

‘La parola Madre’, una rappresentazione dai toni profondi, significati intensi; è la messa in scena della simbolica, e paradossalmente coerente, follia di un amore tra madre e figlio.
Hanno lavorato proprio bene Luigi Imperato e Silvana Pirone, rimaneggiando il testo di Alberto Savinio “Emma B. vedova Giocasta” e traendo da esso il meglio per trasporlo in teatro attraverso una sagace mano creativa.
Molto ben fatta la scenografia a tinte rosse cupe, con la luce di un candelabro che ha segnato occasioni di particolarissimo, icastico ingegno narrativo e un senso di altalenante illusione tra realtà e sogno. Tutto ha roteato intorno ad una attesa, sofferta, pungente, chiarificatrice. L’attesa del ‘ritorno’; un ritorno non soltanto materiale di quel figlio -parte essenziale dell’essere madre-, ma specialmente spirituale. Così, dopo aver vissuto nella fatica d’inumare reminiscenze allo scopo di non rispolverare il tormento di un ricordo angosciante, improvvisamente ‘la madre’ pone ogni cosa sul piano della ricerca interiore, e si arrende al lento scavare nella memoria per rivivere momenti stipati da tempo nella mente, fino all’inquietante ritrovamento di quel brandello di esistenza sepolta. E mentre il testo originale prevede un monologo allucinato e stravolto, qui si assiste ad un dialogo intimo che però interagisce con la proiezione di un sé esterno, che cioè fuoriesce dall’anima della protagonista e si triplica in un gioco ingegnoso e straordinariamente efficace. La proiezione dell’immagine dell’inconscio, della coscienza di Emma, trova sostegno nella reciprocità delle figure, ed è incisiva per tre volte contemporaneamente.
Un lavoro davvero notevole, degno d’un vasto pubblico, apprezzabile sotto ogni punto di vista, per la drammaturgia, la regia, la scenografia, e per l’impegno degli attori, Danilo Agutoli, Fedele Canonico e Domenico Santo, che si sono calati, senza remore o impacci, nell’anima di Emma, rendendo al massimo la polivalenza dell’essenza umana e la grandezza dell’amore.
Espediente considerevole quello di mettere in scena tre uomini e non tre donne. Forte simbolismo non caduto nel vuoto, poiché esso esprime fondamentalmente la negazione della femminilità di Emma-moglie, della Emma-donna, laddove non si ritrova la Emma-madre. Ma quando questo incontro si verificherà, accadrà quel qualcosa che confonderà ruoli, provocherà ripugnanza, genererà sensi di colpa e paure.

Napoli, Nuovo Teatro Nuovo, 11 novembre 2008

da vividiscrittura.it

La parola madre - Uno spettacolo da non perdere

Come quando in un improvviso mattino, dopo infinite, noiose, giornate uggiose spunta una ritemprante, splendida, alba; così, dopo aver girovagato per mille e mille spettacoli noiosi, tutti uguali a se stessi, all'improvviso spunta uno spettacolo, una messa in scena, che ti spinge a credere che il Teatro non sia morto, e che, anzi, ci siano giovani in Italia che hanno le potenzialità per tramandarlo e svilupparlo come Dio comanda. E' questo il caso dello spettacolo "La Parola Madre" - Libero tradimento da <> di Alberto Savinio- messo in scena da Vesuvioteatro e Teatro di Legno che hanno la loro base di lavoro ad Ercolano (Na). Quello visto ieri sera, venerdì 14 novembre 2008, al Teatro Nuovo a Napoli è un grande spettacolo di regia pieno di azioni teatrali intense e vigorose recitate con maestria da tre bravissimi attori: Fedele Canonico, Danilo Agutoli, Domenico Santo. E' un grande spettacolo di regia perché coloro che lo firmano, Silvana Pirone e Luigi Imperato, fanno entrare nel loro spettacolo i loro Maestri senza rendere la messa in scena minimamente pesante, né, se posso permettermi il neologismo, "epigonale". Si vede Monetta, si vede Nekrosius, ma si vedono soprattutto le loro mani, le mani dei due registi: inventivi e precisi, dividono in maniera armonica il testo in scene dialogate alternate a scene oniriche piene di movimenti perfetti e di belle idee. Sembrano aver assimilato alla perfezione, i registi, la vera lezione del teatro del Novecento in cui il testo è un luogo d'incontro fra la seduzione delle parole e l'energia della messa in scena. I tre protagonisti, infatti, nel far rivivere scene del passato, creano danze attoriche in funzione del testo e significanti rispetto ad esso. Le suddette danze attoriche non vanno a rafforzare parole dette, non vanno ad esplicarle, ma sviluppano un "senso" che le parole riprendono. Parole e danze attoriche diventano necessarie le une alle altre dando allo spettatore la completezza della storia raccontata. Noi spettatori non sapremo mai, vedendo il risultato finale, quanto in queste messe in scene contino, nelle prove, le improvvisazioni attoriche, non sapremo mai cosa è dovuto a chi, ma se a Silvana Pirone e Luigi Imperato fossero venute metà delle idee messe in scena in uno spettacolo di appena 50' minuti, stiamo davanti a due registi di cui, se riusciranno a non insabbiarsi nella noia del teatro pubblico e dei finanziamenti, sentiremo parlare per molti anni. Unica nota un po' stonata, volendo guardare il pelo nell'uovo, è la "ruccellizzazione" del testo: è vero, lo spettacolo ci viene presentato come "libero tradimento da...", ma sarebbe stato più bello, forse, conservare almeno le atmosfere della prosa di Savinio e non puntare, drammaturgicamente, su una scrittura a volte "facile" che richiama molto le atmosfere create dall'autore di Castellemmare prematuramente scomparso nel 1986. Uno spettacolo assolutamente da vedere, speriamo che trovi le date che merita.

Francesco Scotto

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