Fabio Dell'Aversana per teatro.org
“Sono tre figure distinte più che diverse una dall’altra: la madre Pasqualina (Annamaria Palomba), statuaria ma non ieratica, impietosa e compassionevole allo stesso tempo; la figlia Carmela (Ilaria Cecere) di una bellezza mutilata, senza più redenzione; e in mezzo, quasi come un cuneo, il padre (Fedele Conanico), supponente e spietato nell’umiliare le “sue” donne, ma intimamente debole. Tutti loro si affannano nel microscopico universo racchiuso sulla scena, e che sembra vivere di iterazioni: gli schiocchi della frusta del padre, la violenza delle assi e dei tavoli ribaltati, le parole dure come pietre della madre, la simulazione degli atti sessuali subiti dalla figlia. Una coazione al male che riesce in parte a sbriciolare la barriera della quarta parete, imponendo agli spettatori una più sofferta, viscerale partecipazione.”
Clemente Tecchia per Caserta Musica e Arte
“Tra silenzi, grida, e scene di concerto le tre anime dannate vagano escludendosi e assorbendosi, trafitte da un sostrato comune di rapporti di dipendenza; si finisce per crepare a terra sotto i colpi di una mano o del sesso, si finisce a sbattersi sotto un velo che avvilisce i profili trasformando il volto di una Maddalena in Vergine affranta. Per chi osserva seduto in panca trattenere l’emozione, al pari dell’indignazione, è impresa difficile, così come complesso risulta infrangere il vettore dell’attenzione. La scenografia crea un contesto intimo in senso trasversale, proprio dove l’intimità non ha più pareti di tutela. Come struttura mobile, una casa-cabina squassa il silenzio con i suoi scoppi di tavole di legno e diviene zona d’esclusione di sguardi, una volta chiusa, definitivamente, con innumerevoli mandate in fine di dramma.”
Christian Iorio per Arteatro
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